Preistoria e protostoria

Preistoria e protostoria

La sezione si apre con una serie di informazioni in materia di paleoantropologia, volte a delineare il complesso percorso evolutivo che ha portato alla comparsa di Homo sapiens. Ambientazioni e disegni s’incaricano di supportare l’esposizione per agevolarne la comprensione.

Il percorso continua con reperti del Neolitico, suddivisi per abitati, relativi ai siti di Panicarola e San Marco. Sono presenti strumenti e forme ceramiche che suggeriscono attività legate all’allevamento, alla caccia e all’esercizio dell’agricoltura.
Sempre alla fase neolitica si colloca l’uso delle grotte naturali, come quelle di Orvieto, Pozzi della Piana, che hanno restituito manufatti di vario genere, in particolare ceramica di pregio. In base alla tipologia della ceramica è stato possibile dedurre che, tra il VI e il V millennio a.C., il luogo conservò la sua funzione sacrale, forse per diversi secoli.
Di notevole rilevanza, data la sua lunga frequentazione, è il sito di Grotta Bella. In una fase avanzata del Neolitico ebbe, tra l’altro, un uso sicuramente sepolcrale, e quindi anche di luogo di culto, come documenta il rinvenimento di un certo numero di ossa umane e di alcuni vasi figulini dipinti dall’indubbio valore simbolico.

Età del Rame
Età del Rame

L’Eneolitico o età del Rame è mal documentata in Umbria se si eccettua l’eccezionale ritrovamento di S. Biagio della Valle, costituito da una sepoltura maschile all’interno di un piccolo ambiente artificiale scavato nelle sabbie (tomba a grotticella artificiale); l’uomo era sepolto con corredo di armi metalliche, costituito da pugnale in lega di rame e argento e alabarda e ascia in rame. Ai piedi era un vaso a “fiasco” con alto e stretto collo.

L’età del Bronzo è ben rappresentata dagli abitati di Monte Solare, di cui rimangono modesti residui di murature. La numerosa ceramica ritrovata attesta la prevalenza di forme semplici collegabili alla sfera domestica ed alle sue attività primarie: fornelli, scodelle tronco-coniche, olle. In via Settevalli alla periferia di Perugia è stato individuato un abitato del Bronzo Finale che sorgeva sulle sponde di una antica area palustre, bonificata nel tempo, consistente in un assito in legni che isolava l’insediamento dall’acquitrino. I materiali fittili d’impasto, sono pertinenti alle fogge caratteristiche degli abitati (olle con cordoni applicati, ciotole carenate).
La gran parte dei materiali rinvenuti nel complesso di grotte, note come Tane del Diavolo, appartiene al Bronzo medio in tutte le sue fasi. In ciascuna grotta furono individuati focolari relativi a questo periodo che contenevano semi carbonizzati di cereali e legumi, ossi spezzati di animali (bue, pecore, maiale, cervo e orso), rari resti umani disarticolati. Accanto ai focolari erano inoltre stati deposti vasi realizzati con estrema raffinatezza, tra i quali si distingue un’olla globosa in cui è sinteticamente raffigurato un volto umano, qui esposta.

I siti di Gubbio e Panicarola presentano aree destinate a necropoli. Nel primo caso gli scavi hanno restituito quaranta cinerari, chiusi da una ciotola. Il fondo dei cinerari era alloggiato in piccole buche scavate nel terreno, ma in un solo caso è stato individuato con certezza il pozzetto cilindrico, con pareti rivestite di ciottoli e chiuso da una pietra.
I cinerari erano stati deposti a stretto contatto l’uno con l’altro e sovrapposti su due livelli. I vasi sono in impasto bruno, lisciato, non tornito; solo alcuni presentano una decorazione a motivi geometrici incisi ed impressi ottenuti con ampie solcature.
La necropoli di Panicarola, sulle sponde del Lago Trasimeno, era costituita da tombe ad incinerazione, scavate nelle sabbie lacustri. La bocca dei cinerari era chiusa da ciotole carenate o scodelle, poste capovolte su di essa. Se il cinerario era dotato di due anse, una di queste è sempre mancante, rotta e asportata prima del seppellimento.
I cinerari sono decorati da complesse incisioni ottenute con l’uso del pettine.

Un esempio di “ripostiglio” proviene da Gualdo Tadino. Si compone di cinquantanove oggetti, rinvenuti quasi in superficie all’interno di una piccola buca scavata nel calcare; ne fanno parte due dischi in oro sbalzato e utensili e oggetti d’ornamento di bronzo e osso cui si aggiungono due denti umani. È probabile che un ripostiglio di oggetti non più usati costituisse una forma di accantonamento da parte di una comunità che poteva rifonderli a seconda delle proprie necessità.

Agli scavi di Umberto Calzoni, condotti nella montagna di Cetona, fanno riferimento le ultime vetrine della sezione. La scoperta del sito produsse una mole immensa di materiale, sollevando un’eco vastissima nel mondo scientifico in quanto determinanti per la conoscenza dell’età del Bronzo nell’Italia Centrale.
La quasi totalità dei materiali rinvenuti appartiene all’antica e media età del Bronzo. In questo periodo le grotte vennero utilizzate a scopo rituale come attesta il rinvenimento, a varia profondità, di resti umani smembrati appartenenti sia ad adulti che a bambini, a volte accompagnati da crani di cane o di capra, da pugnali e vasi di notevole fattura. In alcuni casi la disposizione delle ossa e degli oggetti era protetta da lastre di pietra o associata a resti di fuochi. L’intero contesto induce a ritenere che ci si trovi di fronte a riti conservativi che venivano ripetuti nel tempo. Sulla base di questi dati e della particolare consistenza delle testimonianze archeologiche, appare verosimile attribuire al complesso di Belverde una funzione di vero e proprio santuario che per secoli deve aver rivestito un ruolo di notevole importanza nella vita spirituale delle genti che popolarono l’Italia centrale durante l’antica e media età del Bronzo. A questo periodo è attribuibile la deposizione di due spade rinvenute, incrociate in fondo ad un cunicoli, protette da una lastra di travertino sulla quale erano deposti resti di bambini.

Galleria fotografica (scorri)

Ultimo aggiornamento

14 Giugno 2021, 12:02